Rimini sottovoce, di Alberto Cristofano
  Tutto un plagio
 
Lettera inviata il 4 febbraio al Corriere di Romagna.

Il signor Duilio Ganzaroli ha integralmente ricopiato il suo commento intitolato "La provocazione è il sale della vita", apparso sul Corriere di giovedì 3 febbraio.
Quel testo è sul web (vedi sotto). L'autore vero è Marino Niola, professore ordinario di Antropologia culturale all'Istituto Universitario S. Orsola di Napoli.
Proponiamo che il signor Ganzaroli sia fatto professore onorario dell'Università di Rimini.

Alberto Cristofano
Rimini



Marino Niola

Infrangendo i tabù 
nasce la creatività

La provocazione è il sale della vita. Da che mondo è mondo le grandi trasformazioni della storia, i mutamenti del costume, della sensibilità, dell'arte, del pudore hanno sempre avuto origine dall'infrazione di un tabù, dal superamento di un limite, da una novità che all'inizio viene respinta perchè considerata contraria al sentire, alla decenza, alla morale, alla religione. Uno scandalo, insomma. 
In fondo tutte o quasi tutte le grandi invenzioni dell'umanità al loro apparire furono giudicate dai benpensanti come delle provocazioni. Basti pensare che Galileo fu condannato perché le sue scoperte scientifiche scandalizzarono i custodi dell'ortodossia religiosa che videro nel cannocchiale una novità sovversiva. E ancora oggi il progresso di scienze come la genetica incontra molte resistenze nell'inerzia del senso comune che considera certe sperimentazioni contro natura perché, in realtà, confonde con la natura quelle che sono solo le sue pigre abitudini, le sue vedute ristrette. Senza dire dell'esempio più illustre, la predicazione di Cristo che tanto scandalizzò farisei e sepolcri imbiancati del suo tempo. 
Ma è soprattutto l'arte che ha fatto della provocazione la sua parola d'ordine. Forse perché gli artisti sono degli esploratori delle nuove frontiere della realtà. E spesso le loro opere sono degli interfaccia tra il vecchio mondo che scompare e il nuovo che si annuncia nelle forme paradossali, enigmatiche, dissacranti di certe avanguardie. 
Dall'esposizione del seno nudo di Frine - che scioccò gli Ateniesi del tempo di Pericle, ma contribuì a cambiare il loro senso del pudore - alle provocazioni dell'arte contemporanea, fino a certe campagne fotografiche come quelle di Oliviero Toscani il passo è più breve di quanto sembri. Ora come allora lo scandalo di quelle immagini ha l'effetto di far venire allo scoperto la pruderie dei cosiddetti benpensanti, quelli che coltivano vizi privati e professano pubbliche virtù. E che trovano contrarie alla morale e alla decenza le installazioni di Maurizio Cattelan o di Jeff Koons, ma non fanno una piega davanti alle porcate che la televisione, soprattutto quella italiana, propina in prima serata. L'idea di un mondo fatto di tronisti e di escort in realtà non suscita le ire dei moralizzatori, perché si limita a confermare una morale da caserma, vecchia quanto il mondo. 
La ragion d'essere della provocazione, in realtà, è snidare chi la raccoglie, mettere alla prova la sua intelligenza e la sua tolleranza. È proprio questo, peraltro, il significato letterale del temine provocare, quello di chiamare fuori. Vale a dire costringere i sepolcri imbiancati a dichiararsi tali, senza alibi. 
Quando Picasso dipinse le Demoiselles d'Avignon scandalizzò i difensori della morale per aver messo delle prostitute al posto di Madonne e nobildonne. Eppure adesso quella indecenza è considerata uno dei grandi simboli dell'arte moderna e milioni di persone al Moma fanno la fila per ammirarla. È proprio vero quel che dice il Vangelo di Matteo. Gli scandali sono necessari, ma guai a chi li provoca.
 [27-11-2010]
 
 
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