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Chiesa di Rimini e cultura
La bella immagine di prima pagina sulla "Stampa" di sabato 18, con tutti quei giovani entusiasti al Salone torinese del libro, per contrasto mi ha richiamato le sequenze televisive riminesi della sala di una fondazione bancaria (che ha pagato il lavoro) quasi deserta, alla presentazione di un volume sulla storia della Chiesa cittadina, il sabato precedente.
I soliti amici al bar beneinformati mi hanno spiegato che ormai la Cultura della stessa Chiesa riminese è commissariata un po' in modo bolscevico, per cui sempre la stessa persona appare in tv, scrive sui giornali, insegna nell'università ecclesiastica della città, e tratta dei lavori passati come quella storia uscita da un anno, affidando cure presenti al proprio fratello saggista ed alla gentile consorte nelle stesse istituzioni ecclesiali cittadine.
Essendo anche la cultura ecclesiale un bene comune che riguarda tutti, mi permetto chiedere pubblicamente al simpatico vescovo Francesco: perché mai tutto ciò? Lui in virtù del nome che porta, sta sempre dalla parte degli ultimi. Per la Cultura tutto invece dev'essere in mano ad un unico "primo", a questa specie di commissario bolscevico, come lo hanno definito i soliti amici beneinformati del bar?
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