Zavoli è un sempreverde, sopravvissuto a tutto, anche alla sua fase di repubblichino. A cui lui non ha mai fatto cenno, ovviamente.
Leggo su Wiki: "Debutta nel 1943 sul periodico studentesco fascista riminese Testa di Ponte, esaltando il «grande momento» del regime e la fiducia nel futuro voluto dal duce: «arriveremo!». Il poeta Elio Ferrari ha scritto: «A Rimini chi non lo vedeva in divisa e con il mitra a tracolla (teste Stelio Urbinati) pure alla colonia Montalti?», sede del fascio repubblichino".
Trovo altrove: "Amici di Zavoli spiegano che egli fu "costretto" a finire tra le file di Salò. Aggiunge Ferrari che Zavoli "è stato tranquillo, facendo l’avanguardista, il soldato nella Repubblica sociale, libero di andare dove voleva". "Libero" anche di trovarsi a Coriano nell’aprile ’44, come rammentarono in quel paese quando, in anni ormai lontani, giunse una troupe della Rai per un’inchiesta televisiva sul fascismo diretta da Zavoli. Gli operatori non furono però guidati dallo stesso Zavoli, ma da un giornalista della sede Rai di Bologna. Nell’aprile ’44 a Coriano avvenne la cattura di due "disertori", Libero Pedrelli e Vittorio Giovagnoli, poi affidati al tribunale tedesco che li fece fucilare il 18 maggio ad Ancona."
Nel suo "Romanza" ovviamente lui di tutto parla che di quegli anni "neri".
(Questo testo è stato inserito nel blog di Iacoboni sulla Stampa.)
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