Rimini sottovoce, di Alberto Cristofano
  Romano Prodi
 

Romano Prodi, nell'intervista alla "Stampa" (21 agosto) ha dimostrato che possono esistere "quelli che lasciano". Sulla cui mancanza, come genere italiano, Claudio Magris aveva scritto di recente una bella pagina sul "Corriere della Sera".
Ma c'è una bella differenza tra l'auspicio di Magris di trovare persone con un ruolo pubblico che ad un certo punto della loro vita rinunciano a ricoprirlo; e quanto successo a Romano Prodi. Il professore bolognese ha detto: "Io sono della scuola che quando uno esce, esce. Non deve più rompere le scatole. E' una delle tante vecchie regole che andrebbero rispettate".
In maggio in un'intervista televisiva aveva già dichiarato: "Adesso si ritorna alla vita di famiglia". Puntualizzando: "Ho fatto nuove proposte politiche, veramente nuove, una grande coalizione riformista, e ho vinto due volte le elezioni. Nessuno lo ha fatto in Italia, vincere tutte le elezioni che ha fatto, in un Paese di 60 milioni di abitanti".
Non possiamo però fingere di ignorare che questa uscita di scena di Prodi non è avvenuta con un bel applauso finale. Essa è stata la replica di un copione di "guerra in famiglia". Per due volte ha vinto le elezioni, per due volte è stato fatto cadere dai "suoi". Quando governava, contro Prodi l'opposizione ha scatenato le invenzioni del caso Mitrokin (per cui da capo del governo egli presentò una querela nel dicembre 2006).
Abbandonata quindi la politica "militante", Prodi si dedicherà ad un'altra forma di politica, studio ed analisi dei fatti a livello internazionale, proprio in un momento in cui il contesto europeo offre più dubbi che certezze nel quadro della questione dei rapporti  militari fra Usa e Russia.
"Ho voltato pagina", ha detto Prodi alla "Stampa". La questione del suo futuro non ci interessa perché suoi fedeli seguaci, ma come cittadini. Di fronte allo scenario in cui è avvenuta la sua "cacciata", in cui il suo partito lo ha rinnegato (tranne pochi "intimi"), ed in cui si aggrava ogni giorno la situazione economica mondiale, a partire proprio dagli Stati Uniti, la "questione Prodi" non è un fatto sentimentale o privato. Anche oltretutto perché la parola "recessione", che circola nei commenti economici dagli Usa all'Europa, è rifiutata dall'attuale capo del governo italiano.

 

 
 
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