Rimini sottovoce, di Alberto Cristofano
  Gli Arpesella dimenticati
 
Gentile signora Lavinia Arpesella.
Ha ragione nel sentirsi amareggiata. L'invito a pagamento che ha ricevuto per partecipare alla festa del centenario del Grand Hotel, la cui sorte è stata segnata anche dall'opera di suo nonno e di suo padre, è qualcosa che non offende soltanto lei, ma credo pure tutti quelli che vedono in Rimini qualcosa di più di un baraccone da fiera con tagli di nastri, autorità schierate, ed autocelebrazioni dei potenti di turno.
Rimini (spiace constatarlo) è, come ho letto una volta, non unicamente la città di "Amarcord", ma pure il luogo in cui il più svergognato "Amsoscord" suona come una specie di condanna del destino.
Pietro e Marco Arpesella sono nei libri di storia locale, ma sfuggono alle agende della città proprio nel momento più serio, quando la celebrazione di un secolo di vita del Grand Hotel poteva essere l'occasione non soltanto di un pranzo di gala. Ma questa è purtroppo la Rimini di sempre. Quella che non amò Fellini da vivo, e lo sfrutta oggi per un'industria del ricordo che, come tale, non ha nulla di genuino.
Per cui, gentile signora, quasi quasi dovrebbe essere orgogliosa che in questo contesto, due persone importanti per la storia di Rimini come suo padre e suo nonno, siano state quella sera dimenticate.
 
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